Una condizione comune, specialmente tra gli sportivi, provocata da un eccesso di sovraccarichi nella zona del piede che richiede trattamenti tempestivi per ridurre il rischio di complicanze e assicurare una guarigione e un recupero ottimale.
Cos’è la fascite plantare
Per capire cos’è la fascite plantare, la condizione che interessa la zona di collegamento tra la fascia plantare e il calcagno, è utile fare alcuni rapidi cenni di anatomia del piede. Le strutture legamentose del piede sono caratterizzate dall’espansione plantare che interessa la parte superficiale della pianta del piede. Questo piano superficiale si divide in tre parti: mediale, laterale e intermedia e ha il compito di sorreggere e stabilizzare l’arco plantare in maniera longitudinale.
Con il termine di fascite plantare si fa riferimento a una serie di sintomi e condizioni dolorose di origine non traumatica che interessano la sede di inserzione della fascia plantare al calcagno.
Cause e sintomi
I primi sintomi della fascite plantare sono particolari. Il soggetto che ne soffre lamenta solitamente dolore alla base del calcagno o, altre volte, la parte intermedia del piede (mesopiede) o sotto le estremità distali del metatarso (teste metatarsali). Solitamente a riposo non si avverte dolore che è maggiore al mattino e che tende a ridursi in maniera graduale durante il corso della giornata. Questo è quello che comunemente viene chiamato effetto riscaldamento ed è un fenomeno tipico delle tendinopatie. Nelle fasciti plantari croniche, invece, il dolore si manifesta anche a riposo e rimane costante nel corso della giornata.
Come detto, l’origine della fascite plantare non è traumatica e il suo esordio può essere legato a diversi fattori di rischio. Essa può verificarsi come conseguenza dell’utilizzo di calzature non adeguate (che non offrono un sostegno adeguato), il trascorrere molte ore in piedi o anche per i rapidi e improvvisi aumenti e cambi dell’attività fisica. Ci sono poi fattori di rischio intrinseci legati a un indice di massa corporeo elevato, una pronazione (il movimento di rotazione verso l’interno nel momento in cui poggia a terra) eccessiva del piede, così come la presenza di un piede piatto o eccessivamente arcuato o la retrazione della catena cinetica posteriore (muscoli del polpaccio e della coscia eccessivamente rigidi).
La fascite plantare è quindi una condizione con cause multifattoriali che provoca un’alterazione della funzionalità del piede tale da compromettere anche la qualità della vita.
Terapie, cure e riabilitazione
La diagnosi per la conferma della fascite plantare si basa di una valutazione clinica dei sintomi riferiti dal paziente. Le indagini strumentali come la radiografia, sebbene di per sé non necessarie, possono rivelarsi utili per escludere altre cause, come la presenza di sperone sottocalcaneare. Molto più utile, invece, l’Ecografia per rilevare eventuale ispessimento dell’aponeurosi plantare e/o microcalcificazioni. Inoltre, il Fisioterapista durante la prima visita di valutazione si avvale di un apposito test per verificare la fascite plantare. Questo test prevede di esercitare una pressione sul calcagno quando il piede è in flessione; in presenza di fascite la pressione provocherà un dolore molto forte.
Per quel che riguarda la terapia essa è finalizzata alla risoluzione dei sintomi lamentati e al recupero della piena funzionalità del piede. Nella fase 1 del percorso terapeutico per la fascite plantare si procede innanzitutto con cure finalizzate alla riduzione del dolore, dell’infiammazione e della tensione a carico della fascia plantare. Qui, le terapie fisiche prevalentemente impiegate sono la laserterapia le onde d’urto.
La fase 2 prevede un lavoro decontratturante e di scarico muscolare grazie alla Manipolazione Fasciale. Solo una volta che il dolore si è ridotto, si intensificano gli esercizi specifici propriocettivi e di carico sulla fascia plantare, sviluppando un programma mirato finalizzato al ripristino di tutte le attività, sia quelle quotidiane che sportive: fase 3 del percorso terapeutico.
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