Limitare l’esecuzione della risonanza magnetica ai soli pazienti con mal di schiena per cui è veramente necessaria (circa l’1%), potrebbe garantire risultati migliori e un ingente contenimento delle spese sanitarie.
È di fondamentale importanza durante la valutazione clinica, capire se sia necessario uno screening più approfondito.
L’eccessiva prescrizione di bioimmagini nella gestione del mal di schiena rappresenta un costo enorme per il sistema sanitario nazionale e non si associa ad un miglioramento dei risultati. La conoscenza di alterazioni morfologiche del rachide, non clinicamente rilevanti, può comunque avere un forte effetto nocebo sul paziente, diminuendone la percezione dello stato di salute e inducendo comportamenti di paura, evitamento e catastrofizzazione che portano alla cronicità.
Infatti, secondo un recente studio, le anormalità rilevate durante gli esami diagnostici alla colonna presentano un 87% di avere protrusioni discali tra i 20 e i 70 anni, mentre un valore tra il 37% e il 96% di avere discopatie lombari; inoltre, circa il 90% delle ernie a livello lombare va incontro a riassorbimento dopo 6 mesi di trattamento conservativo.
Di conseguenza, bisogna prestare attenzione ad effettuare tutti questi esami, in quanto rischiamo di affezionarci a problematiche che non sono la causa del dolore; ricordo che per 8 ore di lavoro in ufficio si dovrebbe praticare almeno un’ora di attività fisica al giorno.
Per cui, quando si presentano dolori muscolo-scheletrici, rivolgetevi ad un fisioterapista esperto in questo tipo di disordini, che effettuerà un’approfondita anamnesi e valutazioni motorie, in grado di capire se il problema si può risolvere senza ricorrere alla risonanza.